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Covid, trovate le sequenze cancellate del virus

Scritto da il 24 Giugno 2021

Nuovo colpo di scena nella ricerca delle origini del SarsCov2: il ricercatore americano Jesse Bloom, del Fred Hutchinson Cancer Research Center, ha identificato dati che contengono sequenze del virus che risalgono all’inizio dell’epidemia di Covid-19 a Wuhan e che erano state rimosse deliberatamente dall’archivio delle sequenze dei National Institute of Health (Nih) americani.

Il ricercatore, come si legge su Biorxiv (che raccoglie gli articoli non ancora vagliati dalla comunità scientifica) e anche sul sito della rivista Science, ha recuperato i file cancellati da Google Cloud e ricostruito le sequenze parziali di 13 virus dei primi tempi dell’epidemia.

Secondo Bloom un gruppo di ricercatori cinesi avrebbe raccolto campioni di virus dai primi malati di Covid-19 a Wuhan, pubblicato le sequenze virali sulla banca dati americana Sequence Read Archive e le avrebbe rimosse qualche mese più tardi “per oscurarne l’esistenza”. Bloom dice di aver chiesto ai ricercatori cinesi dell’ospedale universitario Renmin di Wuhan il perché della rimozione dei dati dal database americano, senza pero’ ottenere risposta, mentre il Nih ha appena pubblicato una dichiarazione in cui spiega che le sequenze sono state rimosse su richiesta del ricercatore cinese, che aveva spiegato che le informazioni sulle sequenze erano state aggiornate e sarebbero state pubblicate su un’altra banca dati.

Per alcuni ricercatori, si legge sul sito della rivista Science, queste affermazioni rinforzano i sospetti sul fatto che la Cina abbia qualcosa da nascondere sulle origini della pandemia, mentre per molti altri fanno molto rumore per nulla, perché i ricercatori cinesi hanno pubblicato piú tardi le informazioni sul virus in una forma diversa e le sequenze di virus ora recuperate aggiungono ben poco a ciò che giá si sa sulle origini di questo coronavirus.

Lo stesso Bloom ammette che queste nuove sequenze virali sono un piccolo tassello di un puzzle molto piú grande ancora non completo, ma senz’altro aggiungono “prove ulteriori che il virus stesse circolando a Wuhan prima di dicembre”.

Broccolo,nessun motivo scientifico per rimuovere delle sequenze
“Non vi è alcun motivo scientifico per rimuovere da una bancadati delle sequenze di virus giá depositate”: cosí Francesco Broccolo, virologo dell’Università Bicocca di Milano, commenta all’ANSA lo studio di un ricercatore americano che avrebbe ricostruito 13 sequenze del virus SarsCov2 delle prime fasi dell’epidemia a Wuhan, pubblicate e poi rimosse da ricercatori cinesi su un database americano.

“Il ritrovamento delle sequenze di SarsCov2 depositate e poi omesse getta sempre piú dubbi sull’origine naturale di questo virus nel mercato del pesce”, precisa. Le 13 sequenze ricostruite dal ricercatore americano “presentano delle mutazioni che rendono il virus molto piú somigliante al coronavirus del pipistrello e invece non sono presenti nel SarsCov2 che si è diffuso successivamente con l’epidemia – continua – perché dunque sono state rimosse queste sequenze? Sembra che non si voglia far capire che l’origine del virus sia nel pipistrello”. Nel laboratorio di virologia di Wuhan “da quasi un anno si lavorava sul coronavirus del pipistrello”.

E’ possibile, secondo l’ipotesi avanzata da Broccolo, “che in laboratorio si sia ‘forzato’ l’isolamento del coronavirus del pipistrello su colture di cellule umane. In questo modo il virus sarebbe mutato in modo tale da riuscire a entrare nelle cellule umane. In altre parole si sarebbe provocato, non intenzionalmente, un salto di specie o spillover artificiale. Una volta che il virus ha acquisito queste caratteristiche, è possibile che magari un tecnico di laboratorio sia rimasto contagiato”.

Le 13 sequenze virali rimosse sarebbero una sorta di “variante-ponte” tra il coronavirus del pipistrello e quello poi che si è diffuso nell’uomo. “Ripeto, è una mia ipotesi – conclude – ma non vi sono motivi scientifici per rimuovere delle sequenze da una bancadati, se non quella di non mostrare l’origine del virus”.


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