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A rischio la prossima stagione estiva per il Coronelle

Scritto da il 3 Ottobre 2021

«Se devo essere sincero, non so molto del progetto del nuovo Coronelle. Avrei bisogno di saperne di più, per poter programmare; ho chiesto, però in Provincia non mi hanno dato risposte». A parlare è il gestore del rifugio Aleardo Fronza alle Coronelle sul Catinaccio, il fassano Pierpaolo Trottner.

Prima i nonni, poi i genitori, poi lui e dopo ancora il figlio. Quattro generazioni. Gestiscono con passione il rifugio ininterrottamente dal giugno del 1945. In famiglia chiamano il Fronza “la nostra casa in montagna”.

Trottner è persona assai pacata, nota da quattro decenni per la squisita cortesia del servizio. Non desidera innescare polemiche, ma parla chiaro e tondo: «Mi sono sempre detto che prima o poi sarebbe venuto il tempo di cambiare. Però al momento io so molto poco. Articoli di giornale, qualche chiacchiera».

Dal 1945 al 2010 sotto la proprietà del Cai Verona, poi sotto la Provincia, con contratti tre più tre. L’attuale è in scadenza nel 2022, quindi sulla prossima stagione estiva Trottner e famiglia non hanno certezza alcuna. Banalmente: il rifugio sarà aperto?

«Se devo essere sincero non lo so. Io leggo che si vuole fare questo intervento, però non so quando inizino. Devo dire che al riguardo ho avuto pochissime informazioni dalla Provincia. Ne ho bisogno, più volte ho già chiesto di sapere, anzi avrei avuto bisogno di saperlo prima».

Al rifugio lavora l’intera famiglia, ma non è soltanto questo. «È una questione organizzativa: associazioni alpinistiche e scuole alpinistiche di Austria e Germania fanno adesso i programmi per l’estate 2022, mi chiedono se possono appoggiarsi da noi per dormire».

E Trottner non sa cosa rispondere. «Vado avanti come se ci fosse un altro anno, non posso dire cambiate giro. Per il resto se decidono di costruire non potrò fare tanto altro».

Trottner sa che il progetto di partenariato pubblico privato tra Provincia e Latemar Carezza srl prevede che sia il privato concessionario per 35 anni a gestire la nuova struttura. Se sarà quella la strada, non ci saranno grandi chance.

«Non voglio fare polemiche di nessun tipo. Ho avuto la fortuna di gestire questo rifugio per più di 40 anni, mi spiacerebbe chiudere con delle polemiche».

Dopodiché, «io farei dell’altro, non farei un intervento del genere. C’è da dire che il rifugio ha bisogno, va rimesso a posto, ormai ha più di cento anni. Io lo ristrutturerei, ma è solo la mia idea».

Il Coronelle è un rifugio storico. Il Dav di Colonia, che lo costruì, quest’anno gli ha dedicato un bellissimo libro. Appese ai muri foto d’epoca del sentiero attrezzato del Santner e del rifugio, accanto un meraviglioso panorama ad acquerello di inizio Novecento. E le foto di famiglia: 76 anni di lavoro.

«Chi viene qua è dispiaciuto. La gente che frequenta i rifugi è gente che vuole il rifugio, la sua camera senza servizi. È cambiato un po’ il discorso delle camerate, non più gradite, ma la camera da quattro senza eccessivi comfort piace ancora molto. La gente che dorme qui fa il giro di altri rifugi dove non ci sono comodità. Qualcuno mi ha detto: be’ se diventasse davvero un albergo… un certo tipo di clientela non lo frequenterà più, arriverà altra clientela. Penso che per l’inverno c’è una clientela che gradisce altro, ma in estate la gente che sale con lo zaino si accontenta del rifugio. Chi dorme al Vajolet, al Vael, al Bolzano, all’Antermoja, poi arriverà qui: comfort, servizi in camera, ma ciò significa un altro prezzo».

Difficile si pagherà come oggi, solo 55 euro per la mezza pensione, cena dormire colazione.

Trottner chiosa così: «Negli archivi di Cai e Provincia, su di noi non c’è una sola lettera di lamentele, e questo qualcosa vorrà pur dire». Un grande motivo di orgoglio. «Il giorno che mi diranno “hai finito”, auguro a chi sarà il nuovo proprietario di trovare una famiglia che lo gestisca con tanta passione, con tanta voglia come abbiamo fatto noi. C’è bisogno di questo, sui rifugi. C’è gente che arriva qui e si stupisce della cortesia; per noi è una cosa normalissima, ma ci dicono: “Guardi che in altri rifugi non è mica così”».


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