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Fondi europei per la ripresa: ecco i progetti del Trentino

Scritto da il 16 Giugno 2021

Pnrr, Fse, Fesr. Sigle, dietro alle quali però ci sono soldi. E progetti. Che partono dall’Europa ma cadono e impattano sui singoli territori, se i territori riescono a cogliere le opportunità.

I buoni di servizio, il tablet per gli studenti, i progetti di inserimento occupazionale? Dare un’occhiata alla voce Fondo sociale. O ancora, i poli industriali Meccatronica e Manifattura, i contributi a progetti di innovazione delle imprese. Sono tutti esempi di una galassia di interventi che nascono grazie ai fondi strutturali della Ue.

Alla vigilia di una scommessa ampiamente più ambiziosa, quella del Recovery plan, ci siamo chiesti se il Trentino spende in tempo questi soldi.

La mappa dei Fondi tradizionali. Intanto serve districarsi tra le sigle. Due i fondi strutturali: il Fondo sociale europeo (Fse) e il Fondo di sviluppo regionale (Fesr), nell’ambito del patto di coesione.

Per il Trentino, questi due rami del medesimo albero valgono, assieme, 218 milioni di euro. Per ottenere questi soldi serve organizzare una programmazione su sette anni – l’attuale è quella 2014-2020 – serve rendicontare le spese che quindi vengono rimborsate. E serve attuare i progetti nei tempi previsti. Ma si parla di tempi agevoli: il piano che si chiude nel 2020, dev’essere realizzato entro il 2023 e rendicontato entro il 2025. In Provincia si è sempre creduto alla necessità di spingere su questi due capitoli e si vede anche a livello organizzativo.

La partita fa capo al Servizio pianificazione strategica e programmazione europea. Significa che, dal punto di vista organizzativo, le due cose sono collegate. Poi c’è il servizio Attuazione fondi europei. In tutto, una macchina di 35 persone, a cui fa riferimento l’intero apparato burocratico provinciale. Il loro obiettivo, agevolare la spesa di soldi che altrimenti andrebbero persi.

I prossimi mesi saranno fondamentali: entro luglio sono attesi i regolamenti per i Fondi strutturali 2021 -2027: entro fine anno si calcola di mandare a Bruxelles il nuovo siamo per la programmazione. Sono attesi in Trentino circa 300 milioni.

Si badi: il Recovery Plan si aggiunge a questa partita, non la sostituisce.Fondo europeo di sviluppo regionale. Sulla carta, erano 92 milioni di euro.

Ad oggi, risultano stanziati 80 milioni e certificati 37 milioni, «ma entro luglio saranno certificati altri 10 milioni di progetti – spiega Francesco Pancheri, del servizio Attuazione dei fondi europei – siamo a buon punto, entro il 2023, data oltre la quale non potremo più spendere nulla, credo che avremo concluso i fondi, come per altro nei precedenti 7 anni.La Provincia ha scelto di dedicare una grande fetta al capitolo ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione (48,5 milioni).

In questo grande capitolo hanno trovato posto le dotazioni tecnologiche dei laboratori realizzati nei due hub industriali del basso Trentino: 3,5 milioni hanno permesso l’acquisto di macchinari per il laboratorio PromFacility in polo Meccatronica, e altri 3,5 milioni sono serviti a dotare il Green Innovation Factory, in Manifattura, sempre a Rovereto. La fetta più grande, sono però i 19,5 milioni di euro in infrastrutture di riceca, divise tra Fbk, Fem e Università.

Di questi, i progetti sono in corso di realizzazione, mentre sono stati certificati (perché già conclusi) 9 milioni.

Infine, c’è il sostegno ai progetti di ricerca industrali – 10 i progetti finanziati, a cui partecipano 13 aziende, per 4,2 milioni – e quello all’acquisto di servizi di consulenza per l’innovazione aziendale: conclusi nel 2020 66 progetti, per un costo ammesso di 1,9 milioni. Pesante anche il capitolo per promuovere la competitività delle piccole e medie imprese: 19,3 milioni quelli in origine previsti dal piano. Conclusi ad oggi, tra l’altro, progetti per 4 milioni di euro per acquisto di macchinari e impianti (su 33 progetti).

Il resto del fondo è diviso tra il sostegno alla transizione verso un’economia a basse emissioni (9,2 milioni previsti, 8,7 stanziati, 7 certificati), assistenza tecnica (3,6 milioni previsti, 2,5 realmente impegnati ad oggi, di cui 1,5 già certificati). Per la promozione dell’adattamento al cambiamento climatico era in origine previsto di usare 5 milioni, diventati 5,2 milioni di progetti con soldi già stanziati, di cui 3,9 milioni certificati ad oggi e usati per lo più per lavori di messa in sicurezza dei fiumi, a partire da Adige e Brenta.

Infine l’ultimo capitoplo: miglioramento dell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione: dei 6,4 milioni stanziati, sono certificati meno di un milione. Si tratta del collegamento diretto di tutti gli edifici scolastici alla banda ultralarga. Sono collegati ad oggi 16 istituti scolastici e nel complesso si prevede di collegarne 150. È il capitolo più in ritardo, ma come detto, c’è tempo fino al 2023 per spendere i fondi. I progetti sono chiaramente definiti.

Fondo sociale europeo. «Su questo capitolo siamo tradizionalmente molto efficienti, tra i migliori in Italia e forse persino in Europa» rivendica Pancheri. Per noi significa 126,5 milioni. Quanto attuato? 101 milioni, cioè l’80,45% del totale, di cui 51,5 milioni di spese già certificate. Cinque gli assi d’intervento.

L’occupazione, per costruire progetti ad hoc per la ricerca di lavoro, o per rafforzare le competenze personali, che vede approvate ad oggi 1.028 operazioni, per 30.994 destinatari e un importo di 34 milioni (l’85,84% del totale); l’inclusione sociale e lotta alla povertà (per esempio, i buoni di servizio) con 145 operazioni, 23.423 destinatari per un importo di 26,6 milioni (il 63% del totale); istruzione e formazione, tirocini internazionali o contrasto alla dispersione scolastica, che ha coinvolto 11.406 destinatari, per un importo di 35,4 milioni (il 91,79%); capacità istituzionale e amministrativa (58 destinatari, 488 mila euro, 75,18% del totale); assistenza tecnica: spesi 4,5 milioni (90,28%).


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