Imprese di comunità. Proposte di emendamenti Uncem al disegno di legge in esame al Senato della Repubblica
Scritto da Red.azione il 3 Marzo 2022
UNCEM presenta una serie di emendamenti al disegno di legge n.1650 sulle “Imprese sociali di comunità”, in esame in Commissione al Senato
Informazioni sul ddl qui: https://www.senato.it/3381?comunicato=399163
______________
Art.1 comma 1 lett.b)
« 5-bis. Ai fini del presente decreto, si considera altresì di interesse generale l’attività d’impresa svolta al fine di contrastare fenomeni di spopolamento, declino economico, degrado sociale o urbanistico, da un’impresa sociale di comunità che stabilisca la propria sede legale ed operi prevalentemente (1):
a) in uno o più comuni individuati nella strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, di cui all’articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
b) in uno o più comuni rientranti in una delle tipologie di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 6 ottobre 2017, n. 158;
c)in aree urbane degradate ai sensi dell’articolo 1, comma 431, della legge 23 dicembre 2014, n. 190(2)
(1) Nelle aree indicate l’impresa sociale di comunità non deve avere prevalenza di operatività ma di missione, nell’esternalizzare sul territorio il valore di attività comunque e dovunque realizzate. Stringere a un’operatività prevalentemente localizzata nell’ambito territoriale indicato può portare all’insostenibilità dello scopo oppure ad allargamenti strumentali della comunità di riferimento.
(2) Dalla fonte non si comprende se le aree urbane qui indicate sono state definite nel 2015 e non sono allargabili o se siamo di fronte invece a una possibilità permanente o ricorsiva della loro individuabilità. Questa seconda opzione è condizione necessaria per l’accettabilità di questo criterio relativo alle aree urbane. Occorre inoltre allargare ad altre fonti per l’estensione di questo perimetro.
E’ importante estendere le aree territoriali sulla base di altri criteri comunque verificabili e riferibili a fonti puntuali o a beni e aree oggetto di programmi di rigenerazione, di coprogettazione, di partenariato speciale o altro.
Una clausola di apertura generale deve tutte le imprese sociali di comunità costituite e sviluppate in tutto il territorio, anche fuori dalle aree specificatamente previste, nell’ambito di forme di partenariato con l’ente locale che ne dichiari la funzione di rigenerazione e supporto per la comunità.
Mi riferisco allo stesso procedimento previsto per le proposte di intervento su beni pubblici per la loro conversione attraverso strumenti di finanza di progetto ed esigenti dichiarazioni di pubblica utilità. Allo stesso modo l’impresa sociale di comunità può essere riconosciuta a beneficio delle aree previste (ove il riconoscimento di funzione sociale è già precedente) oppure a beneficio di tutti gli altri territori dovendolo però acquisire presentando un programma di sviluppo e rigenerazione che il comune deve valutare come meritevole di considerazione sociale.
Questa apertura è del tutto importante. Lasciare l’impresa di comunità alle sole aree di piena fragilità e marginalità smentisce la funzione promozionale di questo strumento e rischia di relegarlo a misura eroica ed estrema di resistenza.
Va peraltro rilevato l’improprio e inopportuno riferimento alla Strategia aree interne. La classificazione – peraltro in fase di controversa revisione – delinea diverse tipologie di Comuni – periferici, ultraperiferici, polo… – e dunque in questo ddl il riferimento ai Comuni della Strategia andrebbe quantomeno perfezionato.
Si ritiene inoltre che si possa avere un riferimento a tutti i Comuni italiani totalmente e parzialmente montani, come da classificazione Istat-Uncem del 1952.
5-ter. Nelle aree di cui al comma 5-bis, le imprese di comunità devono in ogni caso svolgere, in via principale (1) ai sensi del comma 3, una o più delle attività di cui all’articolo 2, e (2) uno o più dei seguenti servizi, nell’interesse generale della comunità e del territorio:
a) interventi finalizzati alla riqualificazione, potenziamento e adeguamento dei beni pubblici o beni privati di valore storico o artistico ovvero che assolvono ad un interesse pubblico, volti al miglioramento della qualità del decoro urbano ovvero alla riduzione della marginalità e del disagio;
b) interventi finalizzati alla realizzazione e gestione di reti a banda larga per le aree grigie e bianche e alla conseguente digitalizzazione dei cittadini e delle imprese;
c) attività e servizi finalizzati alla autoproduzione e autoconsumo di energia rinnovabile;
d) attività di recupero e valorizzazione, ai sensi del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, di terreni abbandonati o incolti ovvero di aree edificate, ad uso industriale, artigianale, commerciale e turistico-ricettivo, in stato di abbandono e che siano a titolarità comunale;(3)
e) attività di produzione,trasformazionee consumo di prodotti agricoli, locali e biologici (4), nonché realizzazione di filiere locali della raccolta e riciclo;
f) attività di produzione e vendita di prodotti dell’artigianatoartisticolocale (5);
g) servizio di assistenza per la prenotazione telefonica o online di visite mediche e supporto tecnico per servizi sanitari; servizi di telemedicina;
h) servizi con modalità preferibilmente innovative che altrimenti non sarebbero erogati ai cittadini in assenza di prestazioni analoghe da parte di soggetti pubblici o privati, tra i quali la raccolta ed il successivo invio della corrispondenza nei centri abitati privi di ufficio postale, previa apposita convenzione con il gestore del servizio postale;
servizio di biblioteca e noleggio libri;
servizi di mobilità;
vendita di generi alimentari e di prodotti di prima necessità;
rivendita di libri, giornali, quotidiani e riviste;
ordine e consegna di medicinali e di altri beni o servizi alla persona;
servizi di pagamento e servizio bancomat;
servizi diversi alle imprese, anche riferiti alla logistica e approvvigionamento;
attività e servizi di intrattenimento ludico, culturale, musicale o artistico;
servizi di ristorazione collegati alla tradizione e ai prodotti locali o alla rigenerazione dell’area territoriale interessata;
gestione diretta o servizi di supporto alla distribuzione di carburante e altre fonti di energia;
attività commerciali e di servizio in qualsiasi settore merceologico che non siano in altro modo accessibili nel raggio di 10km dal punto di riattivazione con viabilità pubblica.
attività e servizi di gestione del patrimonio forestale
attività manifatturiere di trasformazione di prodotti tratti dal contesto locale o da filiere comunque riferibili al territorio interessato
(1) Legare il riconoscimento delle imprese di comunità a un elenco esclusivo di attività codificate, smentisce e mortifica ciò che osserviamo e sappiamo delle condizioni di innesco e sviluppo di queste imprese, che devono invece essere strumento di riattivazione e scala di ciò che il contesto propone o richiede senza limiti settoriali e certamente dovendosi dedicare ad attività anche commerciali e produttive.
Pare non passi qui la prima innovazione introdotta da queste imprese nel qualificare in termini comunitari tutta l’economia possibile purchè collegata a criteri trasversali quali la missione, l’esternalizzazione del valore, la partecipazione/governance, il contesto del loro sviluppo. Lasciare questo criterio sull’oggetto delle imprese di comunità in aggiunta a tutti gli altri di scopo e territorio non è compatibile allo sviluppo di un’impresa di comunità che cerchi sostenibilità di mercato e autonomia, preparandosi invece ad essere strumento della p.a. o nuova forma, forse addirittura meno efficace, di terzo settore.
Compatibile allo stralcio di questo principio sarebbe in ogni caso la previsione che l’impresa sociale di comunità, avente così ad oggetto qualsiasi attività in tutti i settori e senza limiti, sia impegnata a realizzare comunque una o più attività fra quelle dell’originario elenco già previsto per l’impresa sociale senza limiti di proporzione o con un limite non superiore al 10% della propria complessiva attività.
Non vedendo accolta nessuna di queste opzioni sul punto e permanendo la condizione prevista dall’attuale testo, occorre comunque abbassarne la portata, portando la quota di attività tratta da questi elenchi a una cifra non superiore al 20% del volume complessivo di attività.
(2) Vi è la necessità di correggere la congiunzione “e” con la congiunzione “o”.
Sull’elenco delle attività, se non accolti emendamenti di stralcio del principio a cui si riferisce:
(3) Alla lett d) va tolto il riferimento a beni di sola titolarità pubblica e, se necessario alla fonte citata perché direttamente correlata a quella, allora l’oggetto va esteso a ogni attività di ripristino, recupero, valorizzazione di beni e/o servizi (in qualsiasi settore) abbandonati, incolti,…..o cessati e dismessi.
(4) Alla lett. e) se “locali e biologici” sono condizioni necessarie alla attività di produzione e consumo allora vanno eliminati, oppure mantenuti con l’aggiunta di “anche”. Occorre che l’attività produttiva e di consumo di prodotti agricoli possa essere anche non locale e non biologica.
(5) Alla lett. f) Le parole “artistico” e “locale” vanno eliminate
(6) Si evidenziano in colore azzurro alcune modifiche integrative del punto h) e di altri punti sopra.
______________
ALTRI ASPETTI NECESSARI DI EMENDAMENTO INTEGRATIVO DEL TESTO
SOCI VOLONTARI
Nel caso in cui l’impresa sociale di comunità sia in forma cooperativa, alla previsione di un numero di volontari non soci pari al massimo del 50% dei dipendenti, deve essere aggiunta la possibilità di soci volontari nel numero massimo del 50% della compagine societaria.
MUTUALITA’ PREVALENTE
Deve essere previsto, sempre con riguardo alla forma cooperativa, il riconoscimento di legge della mutualità prevalente. E’ rilevantissimo sia per singole mutualità ove il collegamento produttivo o commerciale debba avere un prevalente sviluppo esterno oppure nei casi nei quali l’impoverimento del capitale umano esige il riferirsi a collaboratori non ancora residenti sul territorio. Inoltre, la naturale vocazione della cooperazione di comunità alla pluralità dello scambio mutualistico, deve vedere risolta la complessità del calcolo della mutualità e l’insidia probabile di perdita della prevalenza.
MULTIFUNZIONALITA’
Deve essere previsto che, per ogni finalità di legge, l’impresa sociale di comunità possa dichiarare più codici ateco primari e che ognuna di questa attività primarie sia in ogni caso considerata come se fosse esclusiva o prevalente/principale ove previsto per l’acquisizione di altri riconoscimenti autorizzativi, fiscali, di status contrattuale, regolamenti o strumenti di programmazione, per la partecipazione a bandi e l’ottenimento di contributi. Ad esempio, se l’impresa sociale realizza attività agricole, pur in misura non esclusiva o non prevalente, se la stessa risulta fra le tre attività figurativamente primarie, allora questa impresa sociale di comunità potrà essere riconosciuta come impresa agricola a prescindere dalla quota di attività realizzata effettivamente nel settore. E così via per altri esempi.
CONTRATTI DI LAVORO
Occorre affrontare il tema del contratto di lavoro “unico” per i dipendenti/soci lavoratori delle imprese sociali di comunità. Ove occorra in ogni caso un’attività sindacale fra le parti per addivenire a norma della legge di rappresentanza a un nuovo CCNL a favore di questo settore, è importante introdurre qui una norma promozionale, di favor o già “istruttoria” di questa esigenza.
Occorre estendere modalità flessibili di organizzazione del lavoro artigianale e commerciale prevedendo che le imprese sociali di comunità possano applicare gli stessi strumenti della cooperativa artigiana nella gestione cooperativa delle posizioni individuali dei soci anche nel settore agricolo e del commercio