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L’agricoltura di montagna? In Vallarsa diventa un festival: «98 terrazze»

Scritto da il 28 Giugno 2022

La terra non è unicamente luogo di produzione, una merce cui dare un prezzo di scambio, privandola dei suoi più profondi valori espressione dell’identità di una comunità.

Allo stesso modo, l’agricoltura, che da quella terra prende forma come espressione durevole di simbiosi tra uomo e ambiente, non può essere ridotta ad un semplice sistema produttivo; incapace di adottare una contabilità del valore che vada oltre un calcolo economico, ma consideri i costi sociali, economici, ambientali e paesaggistici.

Un quadro economico di profitto è sempre più diffuso in fondovalle, ma difficilmente replicabile per l’agricoltura di montagna, caratterizzata dalle limitate possibilità di utilizzo del suolo, le difficili condizioni climatiche, le forti pendenze e la situazione di extra-marginalità.

L’agricoltura di montagna deve andare oltre questo e ritrovare la sua tipicità: che è prima di tutto la radice dell’identità del mondo rurale fatta di tradizioni, usi e costumi, paesaggio, architettura, varietà di specie vegetali ed animali, gastronomia ed arte e di molteplici benefici collettivi mai monetizzati quale la gestione dei suoli, delle acque, delle foreste.

In un processo agricolo montano vanno considerate le economie di scopo e non di scala, valorizzando salute del terreno e di chi ci vive, valorizzando i saperi e le culture locali, le tecniche tradizionali e il mantenimento del paesaggio storico frutto di orme di storia e di natura.

Orme, queste, visibili nel disegno di piccole e grandi terrazze sui versanti delle nostre montagne, definite da Alberto Folgheraiter «un pentagramma di muri a secco che disegnano i fianchi della montagna per trattenerne la terra dell’autoconsumo»; visibili anche nelle immagini e nelle parole: negli usi e costumi della tradizione cimbra, nelle leggende e nei linguaggi sempre più rari nella parlata.

Il progetto di «98 terrazze» nasce così.

Dalla volontà di raccontare il valore e la dignità culturale ed esistenziale di questo passato, nella volontà di creare un progetto condiviso di recupero delle proprie terre e delle tradizioni, con la convinzione che attraverso un altro concetto di agricoltura sia possibile dare una nuova ed attuale prospettiva alla civiltà contadina montanara, prima che si tramuti in una storia muta.

Un appuntamento che diverrà momento di approfondimento per un’idea di recupero collettivo di alcuni dei 98 terrazzamenti, patrimonio rurale della valle, attraverso interventi di restauro conservativo da destinare all’allevamento di varietà storiche di vite con l’ambizione di produrre un vino locale frutto della partecipazione e delle abilità della comunità.

Durante il festival, in programma dall1 al 3 luglio, si proporranno tante attività che possano animare le tradizioni e gli aspetti folcloristici legati a questa vallata, la Vallarsa, da sempre luogo di crocevia, passaggio e scambio tra il mondo trentino, veneto e – non meno importante – cimbro.

Proiezioni cinematografiche dedicate al mondo della montagna in dialogo con gli autori, corsi di agricoltura, convegni storici e di viticoltura, con la presenza di importanti ospiti, attivi in entrambi gli ambiti. Il paese di Valmorbia si animerà con allestimenti testimoni del lavoro dei nostri nonni e con due mostre: una divulgativa dedicata ad una storia sconosciuta della Vallarsa: da Napoleone al Risorgimento; una più introspettiva: un progetto fotografico di Luca Matassoni che ha raccolto i volti, le mani, i dettagli di alcuni dei contadini che ad oggi ancora coltivano la terra su questi impervi crinali.

Non mancheranno degustazione di vini terrazzati alternati a momenti conviviali di pasto, con pizze agricole e pasti rurali; e ancora momenti per le famiglie: passeggiate alla scoperta del paesaggio e delle leggende che lo hanno caratterizzato. Un filo rosso, sulle tavole, con l’accompagnamento dei “vin de caneva” quello dei viticoltori già protagonisti in mostra, loro testimoni di questi luoghi.

Un programma interessante, nato dalla collaborazione di associazioni e realtà valligiane, oltre che dalla volontà dei residenti.


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